Punto Informatico pubblica oggi un articolo in cui si riassumono alcuni accorgimenti da usare da chi scarica con programmi di sharing.
Tralasciando l'efficacia di questi suggerimenti, vorrei far notare a che punto è arrivata la lotta delle case discografiche contro il p2p.
Il recente episodio della Peppermint Jam che ha in qualche modo ricattato 3600 italiani rei di aver condiviso brani del loro catalogo (di cui ho già parlato in questo post) è un esempio di come i titolari dei diritti stanno cercando di affrontare con metodi ai limiti della legalità la diffusione della musica tramite internet.
I mezzi informatici stanno permettendo a molti di reperire materiale in maniera gratuita facendo risparmiare loro un po' di soldi, ma questo non significa che le case discografiche ci perdano. Forse non hanno saputo affrontare nel modo corretto il cambio nel modo di distribuire la musica.
Siti come iTunes sono la dimostrazione che si può guadagnare sulla musica protetta da copyright in modo nuovo (pensate poi a quanti soldi incassano in Italia con le suonerie dei cellulari).
Invece di pensare a nuove forme di distribuzione (che cmq ridurranno i loro margini) se la prendono con chi condivide i pezzi col p2p. Ma 10 anni fa venivano forse a guardare tutte le cassette che duplicavo dai miei amici? Certo con emule posso duplicare da utenti di tutto il mondo e la cosa si è un po' ingigantita. Ma allo stesso modo le case discografiche possono spiare quello che faccio senza bisogno di venire a controllare a domicilio!
Secondo me grazie a siti che permettono agli artisti di farsi conoscere (come myspace) o agli utenti di condividere i loro gusti musicali (come lastfm) o ancora agli appassionati di ascoltare tutte le novità prima dell'acquisto (juno) si permette la diffusione della musica molto meglio che promuovendo la stessa nelle radio o tv.
A me piace avere la possibilità di ascoltare la maggior varietà possibile di musica per poi scegliere cosa comprare. Perchè è bello anche toccare con mano il disco, vinile o cd che sia.
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